Qualche giorno fa stavamo lavorando sulla scomposizione dell'azione, una specie di "stop-motion" fatta a teatro. Un bambino alla volta ha eseguito una azione quotidiana che fa tutti i giorni: arrivare in classe, posare lo zaino, sedersi al banco. Poi, al suono del battito delle mani della terapista, doveva scomporre tutta questa sequenza di gesti in micro azioni: per ogni battito un passo, poi quando arrivava al banco, un battito per lo zaino a terra, uno per rialzare la schiena, uno per sedersi, uno per sistemare bene le gambe sotto il banco. L'effetto visivo di tutto ciò è come se fosse una sequenza di foto che messe l'una vicina all'altra ricostruiscono per intero l'azione. L'obiettivo terapeutico è la presa di coscienza di cosa faccia il nostro corpo, con quali tempi, in quante parti posso scomporre l’agire, cosa non devo sovrapporre e se il corpo riesce a trovare un suo ritmo, a non accavallare e dare il giusto tempo ad ogni movimento. In que