Ogni anno, nel primo incontro del laboratorio di drammatizzazione con bambini in età prescolare (nei quali è presente ipoacusia, ritardo di linguaggio e disturbo generalizzato dello sviluppo) inizio spesso con giochi semplici, ma efficaci.
Tempo addietro, l’obiettivo che mi sono preposta per questa attività è la consapevolezza e la conoscenza delle parti del proprio corpo e di quello degli altri.
In cerchio seduti sulle seggioline di solito siamo alternati, un bambino e una terapista.
Inizio dicendo “mani sulle ginocchia” e un attimo dopo compio il movimento: con enfasi ho messo le mani sulle mie ginocchia; presto tutti i bambini fanno lo stesso, copiando il mio movimento e associando così immediatamente la frase all’azione, lo stimolo verbale a quello corporeo.
Può accadere che qualcuno di loro ponga invece le mani sulle cosce, convinto di averle messe sulle ginocchia. E’ pertanto necessario fargli osservare con attenzione la posizione delle mani diversa rispetto a quella di tutti gli altri e stimolarlo a prendere da solo quella corretta.
Una volta che tutti hanno preso la mia stessa posizione cambio: “mani sulla pancia” e vado avanti così toccando con le mani le principali parti del corpo. Quando sono certa che tutti abbiano compreso il meccanismo, dico loro una cosa ma ne faccio un’altra. Al mio comando “mani sulle guance” può dunque seguire il gesto di porre le mani sulle orecchie. Naturalmente alcuni dei bambini pongono le mani sulla parte corretta (quella che ho detto) altri su quella sbagliata (quella che ho fatto). Al tutto seguono risate, battute scherzose e sottolineo di aver fatto loro un trabocchetto, che volevo solo vedere se fossero attenti alle mie parole.
In questo modo non solo separo lo stimolo verbale da quello visivo, ma verifico chi ha compreso la consegna e chi invece va avanti solo per imitazione.
Dopo alcuni esercizi di questo tipo, cambio la frase, che diventa: “mani sulle ginocchia dei vicini”.
I bambini devono pertanto mettere una mano sul ginocchio del compagno di destra e l’altra sul ginocchio del compagno di sinistra. Alcuni di loro sono all’inizio intimiditi, altri invece toccano i compagni con veemenza eccessiva. Sia nell’uno che nell’altro caso, quindi, stimoliamo un contatto realizzato con la giusta delicatezza.
Adesso è il loro turno: ognuno deve fare la proposta di “mettere le mani sul…” e tutti insieme eseguiamo. In questo modo verifico la memorizzazione della frase, il saperla ripetere a voce alta davanti a tutti, e l’ampliamento del lessico corporale. Quando tocca a ciascuno di loro, vedo i loro occhi accendersi, divertiti dal dare il comando all’intero gruppo e anche, in qualche modo, consapevoli della scelta e della responsabilità.
Man mano che tutti eseguono, all’improvviso fermo l’attività e chiedo a uno di loro: “e adesso a chi tocca?”
Ciò per stimolarli a seguire il cerchio con gli occhi e pertanto a capire con chi il giro sia iniziato e con quale bambino si fermerà, chi ha già eseguito e chi deve ancora fare, il prima e il dopo.
Anche un gioco semplice come questo, realizzato con allegria e slancio, porta con sé obiettivi da raggiungere e competenze da sviluppare.
Cecilia Moreschi
Leggi altri racconti e articoli su Teatro e Logopedia
Tempo addietro, l’obiettivo che mi sono preposta per questa attività è la consapevolezza e la conoscenza delle parti del proprio corpo e di quello degli altri.
In cerchio seduti sulle seggioline di solito siamo alternati, un bambino e una terapista.
Inizio dicendo “mani sulle ginocchia” e un attimo dopo compio il movimento: con enfasi ho messo le mani sulle mie ginocchia; presto tutti i bambini fanno lo stesso, copiando il mio movimento e associando così immediatamente la frase all’azione, lo stimolo verbale a quello corporeo.
Può accadere che qualcuno di loro ponga invece le mani sulle cosce, convinto di averle messe sulle ginocchia. E’ pertanto necessario fargli osservare con attenzione la posizione delle mani diversa rispetto a quella di tutti gli altri e stimolarlo a prendere da solo quella corretta.
Una volta che tutti hanno preso la mia stessa posizione cambio: “mani sulla pancia” e vado avanti così toccando con le mani le principali parti del corpo. Quando sono certa che tutti abbiano compreso il meccanismo, dico loro una cosa ma ne faccio un’altra. Al mio comando “mani sulle guance” può dunque seguire il gesto di porre le mani sulle orecchie. Naturalmente alcuni dei bambini pongono le mani sulla parte corretta (quella che ho detto) altri su quella sbagliata (quella che ho fatto). Al tutto seguono risate, battute scherzose e sottolineo di aver fatto loro un trabocchetto, che volevo solo vedere se fossero attenti alle mie parole.
In questo modo non solo separo lo stimolo verbale da quello visivo, ma verifico chi ha compreso la consegna e chi invece va avanti solo per imitazione.
Dopo alcuni esercizi di questo tipo, cambio la frase, che diventa: “mani sulle ginocchia dei vicini”.
I bambini devono pertanto mettere una mano sul ginocchio del compagno di destra e l’altra sul ginocchio del compagno di sinistra. Alcuni di loro sono all’inizio intimiditi, altri invece toccano i compagni con veemenza eccessiva. Sia nell’uno che nell’altro caso, quindi, stimoliamo un contatto realizzato con la giusta delicatezza.
Adesso è il loro turno: ognuno deve fare la proposta di “mettere le mani sul…” e tutti insieme eseguiamo. In questo modo verifico la memorizzazione della frase, il saperla ripetere a voce alta davanti a tutti, e l’ampliamento del lessico corporale. Quando tocca a ciascuno di loro, vedo i loro occhi accendersi, divertiti dal dare il comando all’intero gruppo e anche, in qualche modo, consapevoli della scelta e della responsabilità.
Man mano che tutti eseguono, all’improvviso fermo l’attività e chiedo a uno di loro: “e adesso a chi tocca?”
Ciò per stimolarli a seguire il cerchio con gli occhi e pertanto a capire con chi il giro sia iniziato e con quale bambino si fermerà, chi ha già eseguito e chi deve ancora fare, il prima e il dopo.
Anche un gioco semplice come questo, realizzato con allegria e slancio, porta con sé obiettivi da raggiungere e competenze da sviluppare.
Cecilia Moreschi
Leggi altri racconti e articoli su Teatro e Logopedia
Guarda anche: