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Teatro e Logopedia: i mattoni che mancano

Ieri avevo un gruppo di sette ragazzi, sei femmine e un maschio, tutti sopra i vent'anni, due di loro
audiolesi.
Ho proposto anche a loro il gioco del fumetto: dopo aver parlato dettagliatamente di cosa si tratta, soffermandomi sul concetto di striscia e di vignetta, mi sono messa in posizione statica con una delle ragazze e ho stimolato gli altri a immaginare cosa ci stavamo dicendo.
L’immagine era quella di due persone che si incontrano e si stringono la mano sorridendo.
Com’era prevedibile, qualcuno ha trovato all’inizio difficoltà ad associare quel gesto alle frasi "Piacere, mi chiamo..." oppure "Ciao come stai?", mentre altri non hanno avuto esitazioni nell'esporre la frase più adatta.
Ho quindi dovuto insistere molto per aiutarli ad associare la parola alla gestualità, ripetendolo più volte.
Il normale apprendimento (fatto di suoni da sentire e scene da guardare) che naturalmente si struttura nell'essere umano, è precluso laddove ci sia una sorta di "barriera" (in questo caso uditiva).
Il teatro quindi può "mettere i mattoni che mancano" nel palazzo della conoscenza che ognuno ha dentro di sé.

Cecilia Moreschi

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